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Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani
La rilettura critica del romanzo fatta dal prof. Carlo Varotti dell'Università di Parma con alcune classi della scuola Superiore Sacro Cuore
Il romanzo Il giardino dei Finzi-Contini (1962) di Giorgi Bassani costituisce, insieme ad altri cinque romanzi, un ciclo narrativo su Ferrara e parla della vita di una ricca famiglia ebrea durante gli anni delle leggi razziali. Tale opera - alla quale si è ispirato per un suo film del 1970 Vittorio De Sica – presenta, come fa notare il professor Carlo Varotti nel corso della sua lettura, una struttura molto rigida, simile a quella di una tragedia greca: è costituita infatti da un prologo, ambientato nel presente (1957), e quattro parti ambientate negli anni Venti (prima parte) e nel 1938-1939 (seconda, terza, quarta parte), e da un epilogo ambientato nuovamente nel presente.

Una visita alla necropoli etrusca di Cerveteri, vicino a Roma, induce il protagonista a ricordare la maestosa tomba della famiglia Finzi-Contini, situata nel cimitero ebraico di Ferrara ed occupata soltanto da un membro della famiglia, Alberto, morto per un linfogranuloma maligno nel 1942, essendo stati tutti gli altri componenti della famiglia sterminati nei campi di concentramento in Germania. Personaggio centrale del romanzo, oltre al protagonista, è la figura di Micòl, sorella di Alberto e figlia del professor Ermanno e della signora Olga Finzi-Contini. Questa ragazza, sottolinea il professor Varotti, risulta fin dall'inizio una figura evanescente, irraggiungibile da parte del protagonista che ne è innamorato fin da bambino, una figura quasi divina.

È proprio lei, insieme al fratello Alberto, che invita il protagonista, che era stato espulso dal circolo del tennis "Eleonora d'Este" in seguito alle leggi razziali, a venire a giocare a tennis nel loro meraviglioso e smisurato giardino in compagnia di altri ragazzi ebrei di Ferrara e di un ragazzo milanese, Malnate, amico di Alberto, venuto a Ferrara per motivi di lavoro. Le vicende della seconda parte sono ambientate nell'autunno del 1938, un autunno particolarmente mite che il protagonista, come pure tutti gli altri personaggi, vorrebbe non finisse mai. È Micòl stessa che conduce il protagonista a visitare il magnifico giardino dei Finzi-Contini, che nella descrizione di Bassani occupa un quarto di Ferrara: il professor Varotti fa notare che in realtà questo giardino immenso non è mai esistito, perché, come risulta evidente dall'osservazione di alcune piantine del Seicento, nella zona occupata nel romanzo di Bassani dal giardino, c'erano già delle abitazioni. Nonostante ciò Bassani dice che la guida del Touring del primo Novecento parlava di questo giardino: l' autore infatti nel suo romanzo ama giocare con la realtà e con la finzione inserendo elementi reali, - le vie di Ferrara come ad esempio Corso Ercole I d'Este, alcuni personaggi come i professori dell' università di Bologna frequentata dal protagonista, personaggi storici come Mussolini ed Hitler – ed elementi inventati, primo fra tutti il giardino.

Il professor Varotti fa riflettere sul perché tale giardino assuma i caratteri di un vero e proprio paradiso terrestre: è il cuore del protagonista che nel ricordo dilata questo spazio da lui tanto amato. Proprio il termine "cuore" assume un ruolo centrale nel testo, come pure il concetto di "pietà" nei confronti dei defunti: l'olocausto, mai nominato direttamente, è uno spettro che aleggia su tutta la vicenda. Micòl sembra da subito consapevole della fine tragica che toccherà a lei e alla sua famiglia assumendo quindi le caratteristiche di una vera e propria divinità profetica.

La domanda di uno studente ha indotto il relatore a parlare anche del rapporto fra il protagonista e suo padre, un rapporto per certi versi anche conflittuale; il protagonista infatti risulta consapevole sin dalla promulgazione delle leggi razziali di ciò che accadrà agli Ebrei, mentre il padre durante tutto il romanzo dimostra scarsa consapevolezza continuando a ripetere che tutto sommato Mussolini non si comporterà come Hitler. Soltanto alla fine in un dialogo col figlio dimostra di capire la gravità della situazione storica: è proprio in questo dialogo che, cercando di consolare il figlio per la delusione amorosa dovuta al rifiuto di Micòl, afferma che è meglio morire per una delusione da giovani quando si ha ancora il tempo di rinascere, mentre lui, ormai anziano, sta vedendo crollare tutte le sue certezze. Il professor Varotti ha concluso la conferenza ponendo l'accento sull'importanza che in questo romanzo assume il ricordo: soltanto attraverso il ricordo ed il romanzo, che rende eterno tale ricordo, viene resa giustizia a tutti coloro che - come la famiglia Finzi-Contini -, a causa delle violenze della storia, rischierebbero di essere dimenticati.

Il Laboratorio di giornalismo della IV