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Metamorfosi di Franz Kafka
Una interessante lettura del prof. Scagliola dell'Università di Bologna, svolta insieme agli studenti
Franz Kafka - autore ebreo di lingua tedesca nato a Praga nel 1883, cittadino dell'impero asburgico - si è sempre interrogato, durante tutta la sua esistenza, sul senso che ha la letteratura: il professor Scagliola ha posto in rilievo che il desiderio delll'autore sarebbe stato quello di arrivare alla scrittura di un testo quasi sacro, di una "caballà" (Diari gennaio, 1922). L'interpretazione della Metamorfosi - una fra le opere più conosciute di Kafka, scritta nel 1912 - è stata condotta anche con la ripresa di alcuni brani tratti dai Diari e dalla Lettera al padre (del 1919).

La parola chiave di questo libro è proprio metamorfosi, ossia la trasformazione in scarafaggio che il protagonista subisce senza saperne il perché. Ma quale origine ha in Kafka questa metamorfosi? Nel mondo classico le metamorfosi avvenivano sempre come punizione di una colpa, ad esempio se un personaggio si macchiava del peccato di ubris, ma qui il protagonista apparentemente non ha nessuna colpa. Per spiegare tale trasformazione Scagliola fa riferimento alla presenza, molto frequente in Kafka, di metafore passive o tautologiche, vale a dire metafore che riprendono il linguaggio comune (si pensi alle espressioni volgari "sei un verme", "sei uno scarafaggio"): Gregor Samsa, il protagonista del racconto, probabilmente si sentiva già scarafaggio prima di subire questa trasformazione per il disagio che viveva nel difficile rapporto col padre (un rapporto che si potrebbe considerare edipico, molto evidente in alcuni passi del libro) che dall'inizio si dimostra violento nei confronti di Gregor e che lo porterà alla morte.

Anche l'autore aveva un difficile rapporto col padre e ciò è testimoniato appunto dalla Lettera al padre: è proprio in un passo di tale lettera che Kafka ricorda come il padre paragonasse certi personaggi ad insetti: "persone innocenti e ingenue come per esempio l'attore ebreo Lowy dovettero subire questo trattamento. Senza conoscerlo Tu lo confrontasti con parole terribili... a un insetto ripugnante [...]". Gregor inoltre era un commesso viaggiatore, un impiegato, profondamente frustrato a causa di questa professione: egli appartiene alla classe media: l'impiegato diventa, all'inizio del ‘900, nella letteratura e nel cinema, una figura tipica della crisi della borghesia, schiacciata tra proletariato che crede nella rivoluzione marxista e la classe dirigente.

Il protagonista del racconto, alla fine, muore fra l'indifferenza di tutti, e poco prima di morire sente il suono del violino della sorella e ne è profondamente attratto: anche qui risulta evidente l'importanza data da Kafka all'arte che può salvare; Gregor infatti si chiede se è veramente tanto "insetto" visto che può ancora provare tanta emozione nell'ascoltare la musica. L'ultima tematica che emerge nella interpretazione delle Matamorfosi è poi quella del rapporto fra ebrei ortodossi ed ebrei assimilati, ebrei, vale a dire, che si erano allontanati dalla forma più rigorosa del culto.

Alla fine del racconto infatti compaiono tre misteriosi personaggi che vengono ad abitare come pensionanti nella casa della famiglia di Gregor. Essi, secondo la lettura di Scagliola, potrebbero essere tre ebrei ortodossi - alcuni loro atteggiamenti lo fanno credere, come la grande cura con cui osservano il modo in cui viene cucinata la carne che viene loro servita - venuti a constatare la rovina della famiglia di ebrei assimilati: i Samsa, esattamente come la famiglia Kafka, erano infatti ebrei assimilati, come risulta evidente alla fine del racconto quando, davanti al corpo senza vita di Gregor, il padre, la madre e la sorella si fanno il segno della croce.

Laboratorio di giornalismo della IV ginnasio, prof M.V. Sala e A. Rivoli